Scritto da
Nicolò Bassetti e
Sapo Matteucci
Sacro Romano GRA

Estratti


Avvertenza

Questo libro è il racconto di un’esplorazione lungo la striscia di terra intorno al Grande Raccordo Anulare di Roma. Narra quello che abbiamo attraversato, visto, sentito. Soprattutto a piedi, in treno, in autobus, ma anche in moto, in auto, scegliendo di volta in volta il mezzo più adatto. Non è una guida, non è un saggio, non è un reportage. Trae origine da un viaggio a piedi di circa trecento chilometri, interrotto e ripreso (…)


I. Verso il Grande Raccordo
Dall’Appia Antica all’Appia Nuova

Appia Nuova
Eccellenza nel suburbio

(…) La Villa dei Quintili ci accoglie come meglio non potrebbe. L’ingresso dall’Appia Nuova è un casale ben restaurato, con un atrio luminoso, il personale gentile e prodigo di spiegazioni. Si procede in un bellissimo antiquarium, allestito con grande sapienza (dal cotto, alle travi, all’illuminazione) che colpisce immediatamente per le statue di Zeus, Niobe, Ercole e i reperti ritrovati nella zona. Insieme al Mausoleo di Cecilia Metella, la Villa dei Quintili, è uno dei monumenti più belli vicino al GRA. Le sue grandi arcate emergono dall’erba dei campi dell’Agro Romano e l’entrata dall’Appia Antica è un magnifico Ninfeo; un sommesso quanto magistrale intervento contemporaneo ci aiuta ad accostarla. I ponti sul Fosso statuario, i recinti, i sentieri, i corrimano, le scale, la storia ben narrata all’ingresso, trasmettono un’idea confortevole di cura, un segno di devozione da parte dei contemporanei. D’altra parte, la Villa dei Quintili è imprescindibile dal moderno che le si assiepa attorno: gli archi, i mosaici, le esedre, le terme si attraversano accompagnati dalla colonna sonora della contemporaneità, sotto gli aerei che atterrano a Ciampino, fra i rintocchi delle campane di chiese moderne. Salendo sulle cisterne, in una zona da poco acquisita dallo Stato, ci si trova in una zona di mezzo, fra le due Appie: camion e auto che sfrecciano da una parte, il silenzio nell’immobilità dei pini dall’altra (…)


II. Avamposti del passato
Da Torricola a Prato Smeraldo

Centro Radio Imperiale di Prato Smeraldo
Pompei dell’etere

(…) Il Centro Radio Imperiale fu inaugurato all’inizio degli anni Trenta dal fascismo, ma quelli che vediamo sono i resti democratici della Rai, non più dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). Ora ha il fascino dei borghi abbandonati, che fanno subito pensare alla vita degli uomini molto più di quanto non lo facciano le città popolate. Siamo entrati, scavalcando con difficoltà le sbarre arrugginite, in una Pompei senza cadaveri e ceneri, con le casette come quelle dei sussidiari (avevano i disegni per imparare le vocali e le consonanti), le porte aperte, le sedie rotte, le ante degli armadi metallici che cigolano. C’era anche un bar. Hanno mollato un bancone e stranamente nessuno lo ha trafugato. Quelli che dovevano essere gli uffici tecnici, restano saldamente chiusi con i catenacci, anche se i muri sono sbrecciati. In alto, il vento fa sibilare i cavi tra i tralicci (…)


VIII. Manutenzione dell’abbandono
Da Scalo Smistamento a San Basilio

Salaria
Binari tristi e solitari

(…) Scalo Smistamento, sulla Salaria, poco prima del Raccordo, non era solo una cinquantina di binari e una decina di capannoni in cui i treni merci venivano smontati, riassemblati, aggiustati, lavati, «ingrassati o dimagrati», a seconda che andassero a sud o nord. Era una Repubblica dei ferrovieri inventata dal fascismo, una specie di stato autonomo con scuole, mense, ambulatori, dopolavoro, parchi, chiostri, campi di bocce e calcio. E case, molte case. Da qui si poteva non uscire, restandosene comodamente dentro un cosmo corporativo di lavoro e servizi.
A Scalo Smistamento, uno storico con un po’ di olfatto archeologico potrebbe ricostruire una microstoria esemplare del corporativismo fascista. Il tempo libero completamente organizzato, così come il tempo del lavoro. Tutto nello stesso luogo, esaltato da uno status ben determinato: il Ferroviere d’Italia (…)


IX. Non si butta via niente
Da Tiburtina a Casal Caletto

Notizie sui luoghi: le cave di Tor Cervara

Lungo le rive dell’Aniene, dove il Raccordo incrocia la Roma-L’Aquila, nascosta dietro la fitta vegetazione spontanea, si apre come un grande cratere un’antica cava di tufo sfruttata soprattutto dall’età repubblicana all’età augustea (509 a.C. - 14 d.C.).
La Città Eterna non lo sa, ma deve tanto a questi luoghi: qui sono stati estratti oltre 5 milioni di m3 di tufo per la sua costruzione, poi trasportati con i barconi fino all’Isola Tiberina. Non tufo qualsiasi, bensì il pregiato tufo rosso, più duro e resistente, meno permeabile, perfetto per l’edilizia di Roma antica, e anche molto più bello, con i suoi toni caldi e ramati. Per centinaia di anni le grotte abbandonate ricavate dagli scavi saranno l’ambìto riparo per greggi di pecore (…)