Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia SacroGRA The Movie

Note del Regista

Una guida invisibile
Mentre cercavo le location del film portavo con me Le città invisibili di Calvino. Il tema del libro è il viaggio, inteso per me come relazione che unisce un luogo ai suoi abitanti, nei desideri e nella confusione che ci provoca una vita in città e che noi finiamo per fare nostra, subendola. Il libro percorre strade opposte, si lascia trascinare da una serie di stati mentali che si succedono, si accavallano. Ha una struttura complessa e il lettore la può rimontare a seconda dei suoi stati d’animo, delle circostanze della sua vita, come è successo a me. Questa guida mi è stata di stimolo nei tanti mesi di lavorazione del film, quando il vero GRA sembrava sfuggirmi, più invisibile che mai.

Il GRA
Il GRA, questo fiume di traffico in eterno movimento e chi lo abita, è una realtà che reclama di essere vista, di essere pensata. Le sue contraddizioni lasciano a bocca aperta: un frate francescano sulla corsia d’emergenza che fotografa il cielo; greggi di pecore al pascolo a pochi metri da auto che sfrecciano a 120 Km all’ora… Mondi in movimento che si intersecano, ignari gli uni degli altri.
Sul GRA il giorno appartiene al mondo del trasporto, la notte appartiene ad un altro mondo che solo al crepuscolo e al tramonto si inizia a percepire nella sua complessità. La luce del giorno è sovraccarica di informazioni, restituendo una realtà dura e realistica. La luce della sera sfuma i contorni e lascia emergere l’essenza dei personaggi.

Questione di sguardi
L’atto di filmare per me è molto doloroso, come lo stesso gesto di tirare fuori la cinepresa. Prima di farlo è necessario per me aver colmato il processo di avvicinamento, che può durare anche mesi, con i personaggi e le loro storie. Questo investimento sul tempo mi fa capire qual è la giusta distanza tra il soggetto e la cinepresa, in quale angolo posizionarla, come comporre l’inquadratura. Quando finalmente capisco che è il momento di girare, tutti i dubbi si sciolgono. In quel preciso istante ci siamo solo io e il personaggio, e la stessa macchina da presa sembra sparire tra le mie mani.
Girare non è semplicemente dar vita a un’azione, ma è una compressione di elementi avvenuti nel corso del tempo. La domanda da porsi non riguarda la ricerca di uno stile a priori, ma il tempo che si spende con i personaggi fino a quando non si trova la giusta distanza e prospettiva nella storia. Deve emergere qualcosa di più complesso della semplice osservazione o della messa in scena.

Il gruppo di lavoro
Per tutti questi motivi mi è stato sempre congeniale essere da solo davanti ai miei personaggi, senza una equipe tecnica. Anche per Sacro GRA ho cercato di mantenere questa impostazione. Per la prima volta, però, sono stato affiancato da una piccola squadra di preziosi collaboratori senza la quale sarebbe stato difficile arrivare alla conclusione del progetto.
A differenza degli altri miei film, nati da un personale incontro con luoghi e personaggi, “Sacro Gra” mi è stato proposto grazie all’intuizione di Lizi Gelber; è stata lei a pensare che potessi rimanere coinvolto in questa nuova avventura, parlandone con il produttore Marco Visalberghi che ha creduto nel progetto e nelle sue potenzialità.
Grazie alle conoscenze, alla guida, all’entusiasmo costante di Nicolò Bassetti (dalla cui idea originaria nasce il film), con il passare del tempo sono riuscito a trasformare questa striscia d’asfalto in un luogo di narrazioni. Con Roberto Rinalduzzi, aiuto alla regia, spesso alla guida del minivan, ho parlato a lungo, un compagno di viaggio ideale, un confidente cui consegnare dubbi, perplessità e paure. Poi in maniera naturale capiva quando era il momento di allontanarsi per lasciarmi solo con i personaggi, garantendo quell’unica possibile intimità al momento delle riprese.
Jacopo Quadri, con il quale ho montato tutti i miei film, ha lavorato affinché la musicalità e il ritmo del montaggio fossero la chiave di riuscita, visto che il film è privo di trama. Ho chiesto poi a Dario Zonta, grazie alle sue passate esperienze con Pietro Marcello e Alina Marazzi e al suo bagaglio di conoscenze critiche nell’ambito del cinema del reale, di inserirsi nella complessa dinamica produttiva di questo film al fine di poter cogliere e sintetizzare i tanti problemi tecnici e creativi sorti durante la lavorazione.

Mai come in questo film mi sono aperto al consiglio e all’aiuto di un gruppo di amici, tra cui Serge Lalou, Sara Fgaier, Fabrizio Federico, Luca Bigazzi, Pietro Marcello, Marie-Piere Duhamel che voglio sentitamente ringraziare per il loro prezioso supporto.