Diario per repubblica.it: dai Fori agli orti

Camminiamo per 25 chilometri prima di avvistarlo. 25 chilometri dal centro di Roma lungo un fiordo urbano profondissimo, un vuoto pieno di meraviglie, unico al mondo, il luogo migliore per l'aggancio con il Gra, prima di virare verso Nord Ovest e iniziare a zigzagare nelle sue viscere in senso orario. Dai Fori Imperiali scaliamo il Palatino e poi giù fino a Caracalla. Dalla Porta di San Sebastiano nelle Mura Aureliane riscendiamo lungo l'Appia Antica e l'immenso agro della Caffarella. In fondo, meritata, fresca, l'oasi delle fonti Egeria, l'acqua minerale dei romani, allegro ritrovo popolare tra cannelle e bottiglioni. Ancora verso Sud, i buffi frati trappisti. E poi il Parco degli Acquedotti con i segni di quello che fu il più grande postribolo di Roma, narrato da Pasolini. E ancora gli orti, nipoti di quelli voluti dal Mussolini autarchico, ora presidiati e curati da nonni arzilli molto contemporanei che così riscoprono e rivendicano in famiglia un ruolo e una autorevolezza che sembrava perduta. Tornano a casa ben forniti di zucchine, carote, cavoli, rucola, riccia, piselli, bietola, pomodori, basilico, rosmarino, salvia e menta. Per non parlare della frutta. Questo degli orti è un segno forte, fortissimo, che ci accompagna lungo tutto il viaggio. Ne abbiamo trovati ovunque, nei luoghi più impensati. Tutti realizzati riciclando reti di letti, armadi, ombrelloni, serrande di negozi, pezzi di guard rail, pneumatici e teloni di camion, edicole, barche, cabine telefoniche, gazebo giubilari, intere carcasse d'auto e di furgoni, traversine delle rotaie, pezzi di vagoni ferroviari, container. Autentiche forme di resistenza di una generazione di precursori anarchici della filiera corta.

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