Diario per repubblica.it: la matrona dei fiumaroli

Dal cimitero torniamo verso il Raccordo, di taglio dalla Laurentina verso Spinaceto e via Pontina, lasciamo a destra Cecchignola e i suoi campi di addestramento, pratoni punteggiati di relitti di carri e cannoni su cui affacciano i condomini delle gerarchie militari. Ecco svettare le torri del Laurentino 38, con tutta la sua dura storia vera che alimenta i pregiudizi, con le sue leggende metropolitane, e con le tante speranze di riscatto che si fermano sempre alle promesse. Proseguendo verso nord, passiamo da Mezzocamino, gigantesca speculazione in perenne e lentissima costruzione, che ammicca agli stili di vita della west coast americana. E saliamo, da Mostacciano fino al Torrino, buen retiro anni 90, dove ha preso casa il Pupone, e da dove si gode di una bellissima vista sulla piana della Magliana e sul Corviale.

Scendiamo sulla via del Mare, al Tevere. Irene è la matrona dei fiumaroli. 85 anni, 60 passati sul fiume, capelli d'avorio raccolti a crocchia, di nero vestita, passa le sue giornate sulla sua grande chiatta, ormeggiata sotto il gigantesco ponte del Raccordo. Cucina peperonate ai pescatori cingalesi e rumeni, tutti con gli stivaloni, in compagnia di una tartaruga e di un vecchio cane lupo. Calma e lentezza regnano sovrane. La chiatta è la base per la pesca delle anguille. Lungo le fiancate sono aggrappati grandi gabbioni di ferro immersi nei gorghi della corrente limacciosa. Piccoli Boston Whaler con potenti fuoribordo strattonano le cime d'ormeggio. Reti, boe e bandiere asciugano sul ponte emanando un forte odore di fango e marcita. Irene chiacchiera, con un'energica pensionata, che arriva ogni giorno in bici da Castel Sant'Angelo, lungo la pista ciclabile che segue gli argini.

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