Grande Racconto Anulare - I pastori

Data: 25/07/2013

GRANDE RACCONTO ANULARE - I PASTORI

Mi viene addosso una burrasca di Libeccio, odore di mare sul Gra, cielo nero, raffiche a strappo violente e improvvise. 800 pecore abruzzesi e 2000 sarde si proteggono formando due grandi nuvole. In mezzo la ferrovia per Nettuno. I pastori, gli abruzzesi e i sardi, sono schierati su colline gemelle, con le proprie tradizioni. Gli abruzzesi sono tutti Romani, di nome e di fatto. “Alla prima neve scendiamo dagli Appennini con la transumanza motorizzata, ci accampiamo in roulotte”. Il vecchio Giulio Romani, al riparo di una porcilaia, racconta calmo di quando “da bambino ho passato la notte sotto il colonnato di S. Pietro, con le bestie”. I sardi sono stanziali. Gli uomini, gentili e silenziosi, nell’aia. Le donne, più socievoli e affiatate, sotto un grande albero. Sono tutte colleghe alla Telecom. “La domenica nostra tutta in quello spiedone profumato è. Gira, gira e cigola, è modificato con pulegge e attaccato alla batteria del furgone. Era un cric, se l’è combinato mio marito”. Land Rover, cavalli, cani pastore, bambini che razzolano. Alla loro tavola ci arrivo come se non ci fossero altre possibilità, mi piazzano in mano un bicchiere di temibile Cannonau. A colpi di pattada fanno a pezzi la pecora su taglieri di sughero. I cagnoni si azzuffano per le ossa.

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